Per questi ultimi la guerra era auspicabile come base di partenza per il «grande incendio che avrebbe travolto tutto il vecchio ordine», che avrebbe portato a una rivoluzione sociale, e come scrisse il 5 dicembre 1914 Filippo Corridoni sull'Avanguardia, avrebbe permesso di: «[...] spianare la via della rivoluzione sociale, eliminando gli ultimi rimasugli della preponderanza feudale» consentendo la presa di coscienza di classe del proletariato[25]. Un centinaio di metri dietro la prima linea veniva una seconda linea di trincee, considerata come la linea di massima resistenza e quindi dotata di più robuste fortificazioni oltre a ricoveri sotterranei (nel Carso molte doline furono utilizzate a ciò) rinforzati anche con cemento armato, dove le truppe potessero sopportare al sicuro il bombardamento dell'artiglieria nemica; non era raro che vi fosse anche una terza e, in alcuni casi, una quarta linea di trincee, dietro le quali si trovavano poi le postazioni dell'artiglieria oltre ai comandi, ai depositi e agli ospedali da campo[101]. Intellettuali "riformisti" e "rivoluzionari" (questi ultimi intesi come coloro che intendono la "rivoluzione" come compimento della patria) dicono sì alla guerra in nome dei valori assoluti in seno ai principi dell'89 e in nome del crollo definitivo delle antiche monarchie che si scontrano con i «popoli liberi d'Europa»[28]. In ciascun ambito sociale le donne escono allo scoperto: l'anarchica Maria Rygier si converte all'ideale patriottico e sale sui palchi degli interventisti per fare discorsi pubblici, discorsi che fanno anche la repubblicana Margherita Sarfatti e la socialista Anna Kuliscioff, che divenne più che mai importante consigliera politica accanto a Filippo Turati. Un'altra forma di mobilitazione politica fu il dibattito pubblicistico, dove l'agitazione verbale della carta stampata si sposta sulle piazze, nei teatri e nelle sale di conferenza. Inizialmente il peso delle operazioni alleate ricadde sulla marina francese; l'Italia allo scoppio del conflitto aveva dichiarato la sua neutralità, mentre il Regno Unito era impegnato contro la Kaiserliche Marine nel mare del Nord e nella scorta al traffico mercantile nel Mediterraneo. Al momento dell'ingresso dell'Italia nel conflitto il parlamento accordò al governo pieni poteri, a cui seguirono amplissime deroghe alle norme di contabilità dello Stato e in pratica all'abolizione dei controlli della Corte dei conti. Il confronto lasciò subito ampio spazio agli agguati dei sommergibili, alle imprese aeree e in un secondo tempo alle audaci incursioni dei mezzi d'assalto quali i MAS. Per convincere erano prima di tutto necessario assistere, distrarre e infondere fiducia, promuovendo atteggiamenti consensuali. Seppur maggiori in termini numerici agli interventisti, i neutralisti non avevano dalla loro parte gli organi e le istituzioni politiche che potevano smuovere le masse. A innescare la crisi fu la venuta di Giolitti a Roma il 9 maggio, che imbaldanzì i deputati di orientamento neutralista, che erano la maggioranza, e scompaginò i piani di Salandra e del re e gettò sconcerto nelle file degli interventisti[38]. Alla fine del 1917 furono importati dalla Francia per prove e valutazioni un esemplare del carro pesante Schneider CA1 e quattro dell'ottimo carro leggero Renault FT; questi ultimi fecero da modello per un nuovo carro di concezione italiana, il Fiat 3000, ma la messa a punto del mezzo fu completata solo dopo la cessazione delle ostilità[68]. I segretari in entrambe le strutture godevano di larga autonomia nella scelta dei collaboratori, che venivano reclutati su base volontaristica e senza preclusioni di classe. I comandi militari si preoccuparono di mantenere la disciplina attraverso la repressione già prima dell'inizio delle operazioni. Gli intellettuali furono favorevoli all'entrata in guerra e lo dimostrarono attivamente, con un'unanimità che li rese, nonostante le diversità di argomentazioni, una categoria compatta. Tutti gli stati credevano di affrontare una guerra lampo ma le aspettative furono sconvolte. prima guerra mondiale 1914-1918 (germani (guerra alla russia (piano…: prima guerra mondiale 1914-1918 La prima guerra mondiale 1. Erano i cosiddetti «giornali di trincea», che nelle loro pagine descrivevano la vita al fronte, pur senza negandone i disagi, in chiave scherzosa, ora patetica e rassicurante, con nuove tecniche di comunicazione visiva e verbale, sostituendo in parte la grande stampa nazionale che non era mai riuscita a toccare veramente il pubblico popolare[110]. Altri provvedimenti tendevano a ridurre determinati consumi, contraendo i giorni di vendita settimanali: niente carne il giovedì e il venerdì, niente dolci per tre giorni consecutivi alla settimana, e per ridurre il consumo di carta, i giornali, già ridotti a quattro pagine, dovettero uscire parecchie volte al mese su due sole facciate[138]. Il 30 ottobre i reparti italiani entrarono a Vittorio Veneto, punto di giunzione delle armate austro-ungariche schierate sul Piave, mentre Borojević ordinava una ritirata generale lungo tutto il fronte: stremate dalla scarsità di viveri ed equipaggiamenti e in preda a forti divisioni dettate dalle istanze nazionaliste delle varie etnie contro le autorità centrali, le forze austro-ungariche si disgregarono lasciando migliaia di prigionieri in mano agli Alleati avanzati. Il posto dei sindaci, degli assessori, dei contabili e di molte delle figure autoritarie e benestanti dei paesi coinvolti, fu sostituito in buona parte dai preti che generalmente rimasero al loro posto (anche se pure tra le autorità ecclesiastiche non mancarono episodi di fuga). La terribile alba sul San Michele, La Grande Guerra degli italiani in Francia, The Anschluss Movement, 1918–1919, and the Paris Peace Conference, TRENTO, BOLZANO E INNSBRUCK: L'OCCUPAZIONE MILITARE ITALIANA DEL TIROLO (1918-1920), Trento e Trieste, Percorsi degli italiani d'Austria dal '48 all'annessione, Il contingente italiano in Alta Slesia (1920-1922), Le origini della guerra del 1914 (3 volumi - vol. 1-feb-2019 - Esplora la bacheca "prima guerra mondiale" di Domenico seiquattro su Pinterest. La guerra risvegliò l'interesse di tutti i governi verso l'arma della propaganda, con cui si potevano galvanizzare gli spiriti depressi e sofferenti. Nel 90º Anniversario della scomparsa del conte Elti di Rodeano–Biaggini, ufficiale che si distinse per il coraggio dimostrato durante l’attentato alla corazzata “Da Vinci”. Questa insofferenza portò la diplomazia austro-ungarica durante gli ultimi giorni della cosiddetta crisi di luglio, a giocare d'astuzia. I primi sono i più numerosi, e in maggior parte resteranno ostili alla guerra, ma al suo interno ci fu fin da subito una sorta di "diaspora" che portò molti socialisti ad appoggiare il richiamo nazionale andando a gremire le file interventiste[20]. Fu migliorata l'organizzazione dell'artiglieria e velocizzata l'introduzione di nuovi materiali; venne aumentata la produzione di cannoni campali da 75 mm e dei nuovi obici da 149 mm, e le batterie di artiglieria leggera passarono da 6 a 4 pezzi per guadagnare in mobilità, utile nella guerra di movimento ma, come si paleserà, non alla guerra di trincea[49]. Zona d'operazioni: Stelvio, Garda, Croda Grande. Con una sola eccezione, la protesta si ferma qui, anche se questi undici casi comportarono una serie di esecuzioni sommarie con il ricorso alla decimazione in almeno quattro casi. Nonostante nella sua dimensione politica la donna nei primi del novecento è ancora relegata ad un ruolo marginale, dove la classe dirigente è ancora lontana dal concepire il diritto di voto alle mogli, alle figlie e alle sorelle della patria, con la prima guerra mondiale si assiste a una diffusa e variegata tipologia di emancipazione femminile in Italia, come in tutti i paesi coinvolti nel conflitto. E nella quale nulla appariva più esecrabile alle giovani generazioni, del vecchio modo di concepire la vita rappresentato dalla politica paziente di giolittiana memoria, al quale andava contrapposto il bisogno di bellezza, di grandezza e di cambiamento. La prima guerra mondiale segna l'inizio delle guerre del Novecento. Nonostante questo però, durante il conflitto riuscì a sopperire alle enormi richieste di armamenti e munizioni dell'esercito grazie all'organizzazione e alla mobilitazione industriale, e soprattutto grazie all'apporto di materie prime e risorse finanziarie concesse dagli alleati e dalla relativa semplicità dei processi tecnologici di inizio novecento[158]. A queste pressioni risposero manifestazioni neutraliste, specialmente in Toscana ed Emilia Romagna, dove si arrivò addirittura a scontri violenti, e a Torino, dove le manifestazioni neutraliste furono imponenti e portarono ad uno sciopero generale contro la guerra. Tra il 1915 e il 1921 i dipendenti pubblici salirono da 339.000 a 519.000, compresi ferrovieri, corpi di polizia e guardia di finanza, questi ultimi impiegati sempre maggiormente nella gestione dell'ordine pubblico in tutta la penisola, soprattutto nelle zone di guerra, dove il Comando supremo poteva emanare bandi con forza di legge[133]. I saccheggi si ridussero dopo un paio di mesi, quando le autorità militari presero in mano la situazione, ma a quel punto iniziò una sorta di razzia intensiva e legalizzata dovuta alle direttive dei comandi austro-ungarici che prescrivevano di utilizzare a fondo le risorse del territorio per alimentare e approvvigionare l'esercito occupante a spese della popolazione. I neutralisti avrebbero potuto votare per la sfiducia al governo, e il candidato più probabile alla successione era per forza di cose lo stesso Giolitti, che da abile manovratore avrebbe aperto all'ala socialista tenendo in mano le redini del governo. La Camera dei Deputati così il 20 maggio, si piega[19]. Cadorna in veste di "legislatore" aggiunse norme riguardanti; la codardia, che prevede la pena di morte per un militare che «in faccia al nemico si sbandi, abbandoni il posto o non faccia la possibile difesa»; l'abbandono di posto e la violata consegna; la diserzione, con il rialzo della gravità del reato e della pena; le diverse varianti dell'insubordinazione individuale e collettiva, fra cui la rivolta armata e non armata; e l'ammutinamento[117]. Il Parlamento li approva e il 24 Maggio 1915 l'Italia dichiara guerra all'Austria-Ungheria. A fine giugno, la prima battaglia dell'Isonzo decretò il fallimento dei piani di Cadorna per una rapida e risolutiva offensiva contro il nemico: l'attacco lungo tutto il fronte isontino delle formazioni italiane si infranse contro le difese austro-ungariche non portando che a miseri guadagni territoriali, pagati con pesanti perdite umane[96]. Prima del 1917 le iniziative propagandistiche, ricreative e assistenziali nei confronti dei soldati erano state scarse e mal gestite. L'uso di toni scurrili e di una propensione all'aggressione fisica e verbale degli avversari, esasperata dagli appelli alla violenza degli interventisti che invocarono addirittura all'omicidio come arma politica, fece precipitare il clima politico in una sorta di guerra civile. 2. Di fatto, i bilanci e i consumi delle famiglie operaie aumentarono negli anni della guerra, anche se questo dato coincise con l'aumento dell'occupazione; infatti grazie al maggior impiego della manodopera femminile, accadde molto spesso che in una famiglia operaia contasse due, tre, quattro unità lavoratrici[157]. Nel mondo cattolico, forse a causa del suo orientamento moderato e pragmatico di fronte alla guerra, teso alla rilegittimazione civica dei cattolici nello stato liberale, è molto difficile individuare qualcuno che riesca a farsi sentire. I nazionalisti parlavano di nuovi possedimenti in Dalmazia, del dominio sul mare Adriatico, del protettorato sull'Albania e di compensi coloniali. Il Patto di Londra riconosceva all'Italia ampie pretese territoriali sull'Albania, all'epoca un principato indipendente da nemmeno due anni e in preda a forti tumulti che avevano portato alla dissoluzione del governo centrale; già il 31 ottobre 1914 le truppe italiane avevano occupato senza opposizione l'isolotto di Saseno, seguito il 26 dicembre dallo strategico porto di Valona[83]. Cadorna rimase convinto che la guerra di logoramento fosse solo una condizione temporanea, e che sarebbe stata la manovra delle truppe a decidere le battaglie[93]: pur riconoscendo il potere distruttivo delle nuove armi, e prescrivendo quindi che le truppe non si muovessero in masse compatte ma in ondate non dense, il generale continuò a insistere sul fatto che le posizioni nemiche dovessero essere conquistate con ripetuti assalti frontali; fattore decisivo degli scontri era ritenuta la forza di volontà, lo slancio dei reparti e la determinazione a vincere dei soldati, capace di compensare qualunque svantaggio tecnologico o geografico[94]. Generalmente però le manifestazioni interventiste furono più numerose e interessarono in modo omogeneo tutta la penisola, interessando anche il sud Italia che fino ad allora era rimasto perlopiù passivo. La propaganda era intesa in forme tradizionali e autoritarie, assai poco coinvolgenti se non addirittura controproducenti, come prediche e sermoni tenuti dagli ufficiali e a volte da figure appositamente reclutate per questo, come riformati o esonerati dal servizio, i quali apparivano dei "privilegiati" agli occhi dei fanti. E tutto ciò fu visto dalle autorità dello stato italiano, laico, come prova dei sentimenti filo-austriaci diffusi tra i preti, e quindi da nascondere[179]. La direzione generale di Pubblica Sicurezza calcolò che in quattro mesi e mezzo, dal 1º dicembre 1916 al 15 aprile 1917, ebbero luogo circa 500 manifestazioni, alle quali parteciparono decine e decine di migliaia di donne; ma le manifestazioni proseguirono oltre aprile, per tutto il corso del 1917[143]. In un tumultuoso precipitare degli eventi, nel 1861 nacque il Regno d'Italia, proprio mentre nasceva la Germania unita sotto l'Impero degli Hohenzollern, ed emergevano nuove potenze quali Stati Uniti d'America e Giappone. Giuseppe Montanari fu un artista-soldato che realizzò una serie di acquerelli mentre partecipava con il grado di sergente alle … Le politiche aggressive degli stati europei sfociarono in vari conflitti localizzati, riguardanti le colonie, ma andava comunque crescendo l'inquietudine di un conflitto generalizzato, che avrebbe coinvolto le maggiori potenze in uno scontro all'ultimo sangue. Parallelamente, la ferrea disciplina a cui erano sottoposti i soldati e la facilità con cui questi venivano accusati di diserzione, non consente di calcolare il numero preciso di chi cadde prigioniero dopo aver realmente combattuto, o di chi si lasciò semplicemente catturare per paura, o chi addirittura avesse coscientemente scelto di consegnarsi al nemico. La documentazione della guerra, soprattutto dei due grandi conflitti del Novecento, passò attraverso la fotografia e il cinema. L'entrata in guerra dell'Italia aprì un lungo fronte sulle Alpi Orientali, esteso dal confine con la Svizzera a ovest fino alle rive del mare Adriatico a est: qui, le forze del Regio Esercito sostennero il loro principale sforzo bellico contro le unità dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico, con combattimenti concentrati nel settore delle Dolomiti, dell'Altopiano di Asiago e soprattutto nel Carso lungo le rive del fiume Isonzo. Scoppiarono quindi le guerre balcaniche del 1912 e 1913 faticosamente placate dall'intervento austriaco[5]. Assegnate al settore occidentale del fronte macedone nella zona tra il Lago Prespa e il fiume Vardar, le forze italiane combatterono a fianco dei reparti francesi e serbi durante l'offensiva di Monastir del settembre-dicembre 1916 e della battaglia dell'ansa del Crna del maggio 1917, per poi partecipare alla decisiva offensiva del Vardar del settembre 1918 che portò alla rottura del fronte e all'uscita dal conflitto della Bulgaria[86]. Scrisse a tal proposito Corrado De Vita «Ho visto tanti di quei giovani godersela nei teatri e nei caffè che mi veniva voglia di prenderli a pugni e di odiarli più degli Austriaci». 25-ago-2017 - Esplora la bacheca "Prima Guerra Mondiale" di Enri Mac su Pinterest. Tutto ciò lascia pensare che nella grande maggioranza dei casi, il soldato era spinto da un desiderio di sottrarsi anche per poco agli obblighi militari, piuttosto che dal tentativo di disertare in maniera definitiva[119]. Se da un lato questa nuova struttura portò a diversi problemi riguardanti rivalità e sovrapposizioni di competenze che i governi Salandra e Boselli non riuscirono a gestire (solo il governo Orlando riuscì in parte a coordinare e gestire l'intero complesso in modo sufficiente razionalizzando le forniture militari e gli acquisti all'estero), dall'altro incrementarono il numero del personale addetto alla pubblica amministrazione. La prigionia veniva descritta in modo tetro, con il duplice intendo di attizzare l'odio verso il nemico, cercando di distogliere i soldati da ogni tentazione della resa, facendo passare il messaggio che la resa è un atto disonorevole che avrebbe inoltre peggiorato le condizioni di vita e aumentato le sofferenze. L'occupazione fu quindi giustificata in base all'art. Nel campo dei mezzi blindati, che proprio durante il conflitto conobbero un loro primo sviluppo, l'Italia entrò in guerra con in dotazione alcune decine di autoblindo dei modelli Bianchi e Lancia 1Z: inizialmente, il terreno montuoso del fronte e la scarsa considerazione dei comandi per questi mezzi fecero sì che fossero impiegati solo in compiti di retrovia e di mantenimento dell'ordine pubblico, ma dopo la rotta di Caporetto le pianure del Veneto e del Friuli si dimostrarono una zona più adatta al loro utilizzo e le autoblindo furono impegnate con successo nel corso della battaglia del Solstizio e dell'inseguimento dell'esercito astro-ungarico dopo la rotta di Vittorio Veneto[67]. La situazione della Libia allo scoppio della prima guerra mondiale era turbolenta: gli italiani controllavano le principali città sulla costa e alcuni presidi nelle regioni dell'interno, ma il resto del paese era largamente in mano ai gruppi di resistenti locali che continuavano ad opporsi con le armi alla penetrazione coloniale dell'Italia. La cosa si sarebbe ripetuta poi nel 1922 di fronte all'azione sovversiva delle squadre d'azione mussoliniane, dove l'azione del re, di fatto legittimò i sediziosi e conferì l'incarico di governo allo stesso Mussolini che li capeggiava[42]. Tutto ciò precedette di poco la crisi di governo che colpì il paese attorno alla metà di maggio, e che mise alla luce la dinamica delle forze che nel frattempo si erano accumulate, che in quei giorni uscirono allo scoperto caratterizzando gli avvenimenti di quel mese, definiti enfaticamente «radiose giornate», ma ribattezzate dagli oppositori come «sud americane giornate di maggio.». Alla controfferta di 190 milioni fatta dall'onorevole Salandra, il Porro rifiutò l'incarico, così venne designato il generale Luigi Cadorna, il quale si trovò ad operare in un momento cruciale per l'esercito e in circostanze delicate dettate dall'imminente scoppio del conflitto[44]. Successivamente le Opere Federate fornirono agli ufficiali P materiale per l'assistenza delle truppe al fronte e controllarono i soldati in licenza; Opere Federate e Servizio P furono organizzazioni che presentavano alcuni aspetti similari, a partire dal reclutamento, per cui i responsabili erano scelti dai vertici. Per quanto riguarda la corrente liberale, la leadership giolittiana aveva ormai da molto tempo scelto come possibili alternative Sonnino e Salandra, il primo dei due ebbe precedentemente già in due occasioni l'opportunità di guidare il governo, mentre il secondo era ministro già dai tempi della sua partecipazione al governo Pelloux. Parallelamente però Salandra ebbe l'ambizione di spostare gli equilibri all'interno del partito liberale e di spostare a destra l'asse che Giolitti aveva orientato a sinistra. Ormai né i noli, né i premi d'assicurazione coprivano i rischi di una navigazione così pericolosa; molte navi così rimanevano in porto, le riparazioni venivano protratte per un tempo interminabile, i tempi di carico e scarico si prolungavano, e le navi giunte sane e salve in porti lontani si prendevano lunghe "vacanze"[140]. Se in nemici fossero stati dipinti feroci e vigliacchi, i soldati avrebbero combattuto con più convinzione e i civili avrebbero scagliato contro il nemico, e non contro i governanti le loro maledizioni. http://www.storiainpoltrona.com/la-corazzata-leonardo-da-vinci/, I lanciafiamme nella prima guerra mondiale, Lista dei mezzi e del materiale utilizzati dal Regio Esercito - Lancia 1Z, La prima guerra mondiale: il fronte italo-austriaco. Le operazioni non videro una netta prevalenza di uno dei contendenti ed ebbero fine con l'entrata in vigore dell'armistizio di Villa Giusti il 4 novembre 1918, giorno in cui la Regia Marina completò o mise in atto una serie di occupazioni anfibie delle maggiori città costiere nemiche. Guerra europea: si svolse soprattutto in Europa. Le ipotesi logiche sono in primo luogo la constatazione che gli uomini che vestirono la divisa erano stati educati alla disciplina dell'ambiente familiare e di lavoro; la società contadino-cattolica era una straordinaria scuola d'obbedienza, ed era ancora forte sia nelle campagne che nelle città, e contribuì assieme alla scarsa istruzione media generale, a far accettare passivamente la guerra ai soldati. L'Organizzazione del Regio Esercito conobbe durante la Prima guerra mondiale vicende di grande complessità, legate alla necessità in primo luogo di aumentare rapidamente il numero dei combattenti in corrispondenza della dichiarazione di guerra all'Impero austroungarico e all'Impero tedesco; e in secondo luogo a quella di rimpiazzare o integrare reparti che avevano subito perdite rilevanti. 26 APRILE 1915: il ministro degli Esteri Sonnino sottoscrive il Il 22 luglio 1914 l'ambasciatore Kajetan Mérey incontrò al ministero degli Esteri a Roma il marchese Antonino di San Giuliano, il quale venne rassicurato in maniera piuttosto generica sulla posizione che l'Austria-Ungheria intendeva assumere nei confronti della Serbia e del Montenegro[7]. prima guerra mondiale 1. la prima guerra mondiale 1914-1918 2. le cause cause remote cause politiche: il conflitto balcanico tra austria e russia. Come scrisse lo storico Antonio Monti nel 1922, col passare del tempo «la guerra si era ormai immobilizzata nella fatale divisione del Paese nelle due uniche classi» quelle dei combattenti e degli "imboscati"[174], e ciò favorì il grosso risentimento che i soldati in trincea riversarono sia contro i cosiddetti "imboscati" sia contro i giornalisti stessi.